Flessibilità del lavoro, viva le quote rosazzurre

Seguo spesso interventi e articoli sull’incompatibilità tra lavoro e famiglia, ove ancora troppo spesso sono le donne che lasciano dietro le quinte la propria professionalità, perché risulta impossibile conciliare i tempi e le modalità del lavoro con una realtà familiare che non può fare a meno di loro, e a cui, soprattutto, loro non sono disposte a rinunciare facilmente.

Di recenWhy women still can't have it allte il Wall Street Journal riporta dell’inversione di rotta di nota società di consulenza (non italiana, ovviamente!) nel trend di riassunzioni di quelle mamme-consulenti che avevano scelto la famiglia e rinunciato al lavoro. L’azienda intende andare in controtendenza con un programma per contrastare la perdita di investimento su quel capitale umano perduto.

Al contrario, nel nostro paese, la fuga di “cervelli femminili” verso la famiglia è tutt’ora, un trend che non sembra trovare alcuna inversione di direzione nelle aziende, la cui organizzazione maschiocentrica ritiene tutt’ora come valore positivo la presenza fissa in azienda, per le molte ore che i colleghi uomini possono più facilmente offrire, e con una valutazione economica differente. Il mondo femminile si piega così molto più spesso alle difficoltà logistiche e di cura parentale che l’antagonismo ‘lavoro VS famiglia’ impone.

Si inneggia allora ad una maggiore flessibilità di orario, telelavoro, e soluzioni più family-friendly e mobili per le donne.

…ma perché solo per le donne?

La flessibilità solo per le donne, è comunque una sconfitta. Le quote rosa sono comunque un contentino.
Il valore positivo rimane sempre e comunque la “fissità”. Organizzazione e controllo rimangono con Lui in ufficio.
Le facilitazioni riducono le mamme a un potere “part-time”, secondario.

Quanti passi in avanti potremmo fare se anche gli uomini fossero inclusi in un moto di rinascita verso la flessibilità, così che la presenza in azienda non sia più per nessuno un valore assoluto e positivo? Se anche gli uomini fruissero di un modello lavorativo più vicino alla famiglia, non pensate che potrebbe crescere il loro senso di responsabilità, comprensione e scambio reciproco con la propria compagna a tutti i livelli?

Quanto del vostro lavoro di ufficio potrebbe essere svolto fuori dall’ufficio, quante ore settimanali dedicate ai trasferimenti si potrebbero eliminare. Se entrambi, mamma e papà, avessero questa opportunità anche solo per qualche giorno a settimana, potrebbero ad esempio alternarsi nell’accompagnare e ritirare i figli dall’asilo e goderne/soffrirne entrambi.

Il vero rischio? Bambini sul portone della scuola, in attesa di genitori poco organizzati…  🙂

Nel nuovo anno, spunti di riflessione al femminile

Sull’orlo del nuovo anno, mi sento ispirata per lasciarvi alcuni spunti di riflessione sul mondo femminile, su invito dell’appena terminato 2012, con visioni di futuro possibile.

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Una quasi ovvia ispirazione viene dalla recentissima perdita di Rita Levi Montalcini, un lutto che riguarda il mondo intero, sia nell’universo scientifico, che civile.
Persone che sanno cambiare il mondo; e se si tratta di donne, non può che farmi piacere e rendermi orgogliosa del genere.

Non ho mai avuto problemi con i miei colleghi maschi, ne’ per il fatto di essere ebrea, ne’ perché donna“… una dichiarazione che non mi sorprende affatto, immaginando che chi avesse l’onore di starle accanto potesse soltanto constatare una esemplare personalità, una mente brillante, esperienze difficili che invece di abbattere affinano il carattere e il cuore, accanto all’umanità, alla voglia di fare, all’ottimismo; ed insieme quel poco di composta vanità e raffinatezza femminile, che mai stonano; caratteristiche che dovevano essere di stimolo a chiunque, al di sopra di ogni differenza di sesso o di religione.

Una vita piena, che saluto, ammirata.

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“Il futuro del pianeta dipende dalla possibilità di dare a tutte le donne l’accesso all’istruzione e alla leadership. È alle donne, infatti, che spetta il compito più arduo, ma più costruttivo, di inventare e gestire la pace.” (Rita Levi Montalcini)

E sulla strada dell’impegno civile che lei stessa percorreva per portare istruzione alle donne in paesi ove questo diritto è negato, una notizia del 20 Dicembre. Nulla a che fare con la fine del mondo prevista dai Maya, il molto preoccupante argomento che ha riempito intere pagine, fuori e dentro internet.

Nulla di così coinvolgente…ma altresì rilevante:

L’assemblea Generale dell’ONU ha adottato il Bando Universale delle mutilazioni genitali femminili, come violazione dei diritti umani fondamentali; si tratta di una decisa presa di posizione della comunità internazionale, contro la tendenza a considerare tali pratiche come espressione “giustificabile” di una specifica cultura. Una “spalla” legislativa a sostegno e aiuto di chi opera per il cambiamento di mentalità nelle società coinvolte.

Argomento fastidioso, ruvido, che stona nello standard di questo blog; ma volontariamente portato in luce, proprio perché lontano dalle nostre usuali “afflizioni”, visto che la strada da percorrere per dare opportunità culturali e personali alle donne senza voce, imbrigliate in legami culturali svilenti, è ancora lunga e ha bisogno di supporto.

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Venendo a noi e al nostro occidente in crisi (economica e non), ho trovato molto stimolante la riflessione dell’articolo “L’economia è donna” che, ritenendo un’improbabile chimera la crescita a tutti i costi, si sofferma su un’alternativa di “decrescita serena”, ponendo il fulcro della ripartenza proprio nel mondo femminile, capace di stimolare innovative forme di riorganizzazione socio-economica.

Con il suo “ruolo differenziabile [..] nella costruzione di un set di valori diverso per le nuove generazioni come solo nella quotidianità delle dinamiche familiari può essere gestito”, con la sua “propensione affettiva”, o ”naturale indole per la tutela e protezione della prole”, la donna sarebbe il soggetto sociale più affidabile e adatto ad una progettualità a lungo termine, ad una creatività economica che prediliga la qualità della vita, il consumo intelligente e il riciclo delle risorse, all’investimento su longevità, scolarizzazione, cultura.

Ciascuno avrà una propria opinione sull’origine di quella “propensione affettiva”: se le sia data dalla natura, o se sia respirata (e subita) nell’ambiente socio-economico in cui vive. Conta il fatto che, soprattutto nel nostro paese, molta parte dell’universo femminile si dedica alla famiglia, per scelta affettiva o per necessità economica.

Sapranno le donne occidentali moderne, potenzialmente liberate da restrittivi legami sociali del passato, tutte protese a riscattarsi trasformandosi in uomini in carriera, meno “affamate” di istruzione e leadership (data l’accessibilità più diffusa a tali obiettivi) rispetto ai paesi in via di sviluppo, farsi carico della femminile economicità per dare un impulso creativo alla ricostruzione dei nostri paesi corrotti e prosciugati dalla crisi?

Buon 2013 a uomini e donne.