I Social, una platea che ci ascolta

Che cosa ci spinge ogni giorno a mettere in piazza, a mostrare al pubblico le nostre idee, debolezze, fantasie, le frasi che ci colpiscono, il nostro ruolo in un ambito sociale o lavorativo, ciò che pensiamo, pezzi della nostra vita in immagini, suoni, testi?

L’ambiente social in cui si pubblicano i post, l’immensa e movimentata rete, sta diventando con l’abitudine e la quotidianità, quasi un ambiente tranquillo, familiare, intimo, che da’ ormai la sensazione  del privato, così com’è immerso nell’anonimato dell’infinita massa di post tali e quali ai nostri. I nostri amici non si offendono per ciò che scriviamo, ci danno consigli, ci dicono che a loro piace il nostro commento, che è bellissimo il tramonto che abbiamo pubblicato.

Così che ai nostri pensieri e alle nostre espressioni, che nel mondo reale risulterebbero inascoltati e indegni di qualsiasi commento, negativo o positivo, ed assolutamente inutili per il progresso della specie umana, vengono attibuiti riscontri e platee che altrimenti non avrebbero, vengono appagati da note positive nel mare dell’anonimato.

Intrinseco nel sistema dei social è che per ogni messaggio una sola tipologia di risposta è negativa, ed è l’esplicito e volontario commento di critica (nei vari gradi di espresso disaccordo, fino all’insulto), mentre ben tre possono ritenersi positive, e pertanto gratificanti: il commento esplicitamente positivo, il ‘MiPiaci’ ed anche l’indifferente mancanza di riscontro (paradigma zero).

Ed ecco che l’ego di uno scrivente insicuro o con bisogno di accettazione, può venire appagato e soddisfatto anche solo dal fatto di potersi esprimere,  senza ricevere commenti negativi, oltre ai pochi commenti di coloro che si prendono la briga di cliccare il mipiaci o scrivere un “evviva, che bella cosa!”.

Prendiamo l’esperimento di colui che per 24 ore decise di dare espressione su FB del suo pensiero, commentando come realmente sentiva i post di amici su Facebook: ebbene ne ha persi molti di amici….